Trieste - Borgo Giuseppino: Largo Papa Giovanni XXIII - Via Torino - Via San Carlo

Il Borgo Giuseppino è un quartiere progettato e costruito a partire dalla fine del XVIII secolo. Il nome deriva dall'Imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II d'Asburgo-Lorena, figlio dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, che continua il periodo di riforme già avviato dalla madre. Il borgo si estende fuori dalle Mura dell'antica Porta Cavana e raggiunge il terreno del Lazzaretto di San Carlo. Dopo che la città si era espansa nel Borgo Teresiano, luogo occupato prima dalle saline, aveva bisogno di nuovi e numerosi spazi, data la crescita vertiginosa a cui stava assistendo. Il progetto per la costruzione del quartiere fu avviato a partire dal 1788 grazie anche alla bravura e all'impronta che l'architetto Domenico Corti volle dare all'intera area (nel Borgo Giuseppino gli è pure intitolata una via) e, una volta demoliti i vecchi conventi ed i cimiteri lì presenti, nel 1825 si procedette all'interramento del lungomare lungo le odierne Rive Grumula e Dei Pescatori creando due file di isolati. Già dal 1824 erano pronti i progetti dei palazzi che si sarebbero dovuti affacciare al lungomare nonché il nuovo slargo che si stava pian piano formando verso la fine dell'odierna Via del Lazzaretto Vecchio (per altro citata in un'opera di Umberto Saba). La piazza prese subito il nome di Piazza Giuseppina, naturalmente prolungata verso il mare grazie al molo che ne portava lo stesso nome. (Wikipedia)
Largo Papa Giovanni XXIII: San Vito-Città Vecchia. Tra via Duca d’Aosta e via dell’Università,. Già tratto di via Duca d’Aosta, questo largo venne così battezzato con Delibera del Consiglio Comunale n. 181 d.d. 15.3.1966, in deroga alla legge n. 1188 d.d. 23.5.1927. Giovanni XXIII, al secolo Angelo Giuseppe Roncalli, nacque a Sotto il Monte nel 1881; cappellano militare durante il primo conflitto mondiale, divenne Arcivescovo nel 1925 e fu incaricato di alcune missioni diplomatiche, essendo visitatore apostolico in Bulgaria (1925), vicario apostolico in Turchia ed in Grecia (1935), nunzio apostolico a Parigi (1944). Nel 1953 divenne cardinale e patriarca di Venezia e nel 1958 venne eletto Papa. Durante il suo pontificato venne indetto il Concilio ecumenico Vaticano II ed emise le encicliche Mater et Magistra e Pacem in Terris. Morì a Roma nel 1963. Angelo Giuseppe Roncalli, cardinale e non ancora Papa, fu a Trieste nel 1955 in occasione del XXXIII congresso della Gioventù Universitaria Cattolica, svoltosi al Politeama Rossetti. Al n. civ. 1 di largo Papa Giovanni XXIII si trova il Civico Museo Sartorio, che ha sede nella neoclassica villa che la baronessa Anna Segrè Sartorio legò in morte al Comune di Trieste (1944). Il Museo venne aperto nel 1950. Al n. civ. 7 si trova palazzo Vivante (o Corti), eretto tra il 1842 ed il 1844 su progetto dell’arch. D. Corti, ristrutturato alla fine dell’Ottocento dall’arch. Koenig di Vienna e restaurato nel 1905 su progetto degli arch. A. Ziffer e R. Dick. Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.

Palazzo Vivante con accanto Palazzo Morpurgo.
Palazzo Vivante in Largo Papa Giovanni XXIII. eretto tra il 1842 e il 1844 su progetto dell'architetto Domenico Corti. L'area sulla quale furono costruiti il palazzo e il suo giardino in precedenza era occupata da una fabbrica di cere. Il palazzo doveva diventare l'abitazione privata della famiglia Corti, ma l'architetto lombardo morì nel 1842, senza riuscire a vedere completato il suo edificio. Nel marzo del 1867 lo stabile venne intavolato a nome di Luca Francesco e Marco Domenico Garofolo, mentre nel dicembre del 1874 ne divenne proprietario Marco Salem. Nel 1904 l'edificio fu acquistato da Fortunato Vivante che lo elesse a dimora della sua famiglia. Da allora l'immobile è noto con il nome di Palazzo Vivante. I Vivante, commercianti , banchieri e assicuratori, elevati al rango di baroni dall'imperatore Francesco Giuseppe, erano ebrei di origine francese. Nel 1918-19 Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta, comandante della Terza Armata, aveva il suo ufficio nella sala ovale del primo piano. A ricordo di tale avvenimento venne apposta una targa sulla facciata di Palazzo Vivante. L'edificio venne ristrutturato alla fine dell'Ottocento dall'architetto viennese Koenig, a cui seguirono le modifiche operate nel 1905 ad opera degli architetti A. Ziffer e R. Dick. Nell'estate del 1945, l'edificio venne seriamente danneggiato da un bombardamento e in seguito abbandonato. Nell'inverno dello stesso anno don Edoardo Marzari vi sistemò provvisoriamente dei profughi istriani. Nel 1949 Palazzo Vivante diventò proprietà dell'Opera Figli del Popolo per l'Assistenza Sociale alla Gioventù. Nel 1952 l'architetto F. Vicentini seguì i lavori di restauro dell'immobile.
Accanto a Palazzo Vivante si trova Palazzo Morpurgo, L'immobile sorge sull'area occupata in origine dai terreni di proprietà "dei Santi Martiri". Tra Sette e Ottocento la zona è interessata dagli investimenti fondiari dei ricchi commercianti stranieri e non attivi a Trieste, tra cui emergono i nomi del barone Francesco Saverio de Königsbrunn primo proprietario della tenuta di Villa Necker e la famiglia Corti committente del vicino Palazzo Vivante. L'area che discende dal colle di San Vito è protagonista di uno sviluppo edilizio suburbano agli inizi dell'Ottocento, periodo in cui si assiste alla realizzazione di numerose villette e giardini immersi nella tranquillità del pendio. L'edificio viene costruito sul sito utilizzato fino al 1838 dalla Cereria di Paolo Tribuzzi; tale struttura viene demolita per lasciare posto al nuovo palazzo con annesso magazzino nel fondo segnato con il N. Tav. 1018. Il palazzo viene realizzato nel 1843 su progetto dell'architetto Francesco Bruyn (1792-1859). L'immobile viene commissionato dal banchiere e agente marittimo milanese Giuseppe Brambilla (1795-1869), trasferito in città verso il 1830; a nome del ricco uomo d'affari si registra anche la proprietà di altri stabili tra cui quelli in Via Bonaparte n. 6 e Via Monfort n. 3. Nel 1861, in seguito al rientro nella città milanese dell'agente Brambilla, parte della struttura passa in affitto al cavaliere Elio de Morpurgo /1804-1876), che acquista tutta la proprietà compreso il magazzino il 28 giugno 1864. Nel 1875 l'edificio viene interessato da lavori di ristrutturazione su progetto dell'ingegnere Eugenio Geiringer. Con la morte del barone Elio avvenuta nel 1876, il palazzo passa agli eredi Marco, Enrico e Guido, rimanendo di proprietà della famiglia fino al 1924. Durante questo lungo periodo la struttura viene arricchita e abbellita da sontuose decorazioni ad opera di artigiani locali ma anche stranieri come gli scultori decoratori Hubert Frères di Parigi. L'immobile, infatti, presenta al suo interno scaloni, stanze, saloni e studi con ricche decorazioni a partire dalle boiseries, dai caminetti fino agli interessanti affreschi, stucchi e tele collocati sulle pareti e sui soffitti. Nel palazzo è presente anche un salottino cinese con pitture raffiguranti personaggi, uccelli esotici, pappagalli e cigni. Dell'architettura originale del periodo rimane la stanzetta "Pompeiana", dove si possono ammirare decorazioni parietali ispirate ai ritrovamenti degli scavi di Pompei. Ai baroni Elio e Giuseppe de Morpurgo spetta la creazione di una pinacoteca formata da bel 128 opere, all'interno della quale si possono segnalare cinque quadri attribuiti a Palma il Giovane. Tra gli eredi si ricorda Marco de Morpurgo (1838-1896), marito di Nona Weil Weis di Lainate, presidente del Lloyd Austriaco dal 1877 al 1891. In occasione della visita di Leopoldo III il 30 settembre 1882 nel palazzo vien organizzata una "festa senza precedenti" di cui viene elogiata "la grazia e magnificenza delle sale, le melodie celesti nel fondo del giardino, i rami illuminati a guisa di grandi fiori dai colori vivaci...in un luogo fatato", come testimoniano le fonti contemporanee (Goracuchi, de, 1977). In seguito a molteplici passaggi di proprietà il palazzo è registrato a nome della CFLI-Confederazione Fascista dei Lavoratori dell'Industria di Roma nel 1935, per passare nel 1949 al Demanio dello Stato e infine nel 1954 al GMA. Nel 1983 la proprietà viene divisa tra la CGIL, la CISL, la UIL e la società Sviluppo Trieste S.r.l.. Dieci anni dopo il palazzo viene acquistato dallo Stato Italiano. Dal 1998, dopo un restauro realizzato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, il palazzo ospita la sede della Biblioteca Statale di Trieste, fondata nel 1956 con il nome di Biblioteca del Popolo prima collocata in Via del Teatro Romano 17. (biblioteche.comune.trieste.it)

A sinistra: Villa Sartorio, Museo Civico Sartorio, Largo Papa Giovanni XXIII n.1.
L'immobile sorge sull'area occupata in origine dai terreni di proprietà "dei Santi Martiri". Tra Sette e Ottocento la zona è interessata dagli investimenti fondiari dei ricchi commercianti anche stranieri stabilitisi a Trieste, tra cui emergono i nomi di George Hepburn, committente della vicina Villa Economo e del barone Francesco Saverio de Königsbrunn primo proprietario della tenuta di Villa Necker. L'area che discende dal colle di San Vito è protagonista di uno sviluppo edilizio suburbano agli inizi dell'Ottocento, periodo in cui si assiste alla realizzazione di numerose villette e giardini immersi nella tranquillità del pendio.

L'antica struttura della villa risale al 1791, ma l'aspetto odierno è il risultato di interventi di primo Ottocento. Il 13 luglio 1838, infatti, Nicolò Pertsch firma il progetto di ampliamento e ammodernamento della villa, innovativa soprattutto per l'utilizzo di una struttura con avancorpo porticato (ACT_132). Tra gli artisti attivi nel cantiere si segnala la figura di Francesco Gossleth impiegato nella realizzazione dei pavimenti in legno. Nell'autunno dello stesso anno Giuseppeina Sartorio decide di affidare sempre all'architetto Nicolò Pertsch l'ampliamento del lato est della villa, come indicato nel progetto datato 26 gennaio 1839; gli ambienti aggiunti

corrispondono, sul lato verso Via Duca d'Aosta, alla biblioteca, e sul lato verso il giardino, alla sala neogotica e a quella sottostante coperta a volta. Nello stesso anno parte del fondo della proprietà viene destinato all'allargamento di Via Santi Martiri e l'architetto Francesco Scalmanini realizza l'edifico per il custode, oggi book-shop e biglietteria. Il nucleo originario dell'immobile della fine del settecento la proprietà risulta a nome del signor Haim Camondo; nel 1822 la tenuta passa nelle mani della signora Tecla, vedova contessa del ricco commerciante Cassis Faraone, che la lascia in eredità al figlio Michele. Nel 1832 i libri catastali registrano il passaggio al negoziante Carlo d' Ottavia Fontana, poi ai fratelli Carlo Antonio e ai minori Giuseppina e Giovanni Fontana. Giuseppina Fontana Sartorio rileva in seguito dai fratelli i loro due terzi, per lasciare al figlio Giuseppe l'intera proprietà agli inizi del Novecento. Nel 1923 la villa risulta nelle mani della nipote di Giuseppe Sartorio, Anna Sartorio Segrè. Il 5 maggio del 1949 la proprietà passa al Comune di Trieste, con il vincolo testamentario di inalienabilità dell'immobile, destinato ad ospitare il Civico Museo Sartorio. La Segrè Sartorio lascia la sua collezione al nascente Museo cittadino, affiancando gli oggetti d'arte donati nel 1910 dallo zio Giuseppe, compreso il cospicuo nucleo grafico tiepolesco. Da tale fondo si crea il Civico Museo Sartorio, inaugurato nel 1954, quando l'intero edificio viene messo a disposizione delle collezioni, con l'uscita degli ultimi ufficiali del Governo Militare Alleato stabiliti nel piano terra e nel secondo piano. Il 18 marzo del 1954, infatti, tutti gli ambienti della villa diventano accessibili al pubblico. Tra gli anni Sessanta e Settanta, sotto la direzione di Laura Ruaro Loseri, l'immobile è interessato da diversi interventi di restauro sia statico che estetico. Gli anni Ottanta vedono l'incentivarsi di importanti mostre tra cui l'esposizione dei disegni di Giambattista Tiepolo.
Nel 1998 viene aperta la galleria moderna costituita da 1200 dipinti. Tra i mecenati più illustri del museo si segnalano Socrate Stavropulos, Antonio Rsconi, Odinea Opuich e la Giorgio Costantinides. Alla famiglia Costantinides si deve il finanziamento per diversi interventi sia sull'edifico che sulle collezioni, tra cui il restauro della cappella, delle serre e della vecchia cucina. L'ultima generale ristrutturazione dell'edificio e del parco annesso si è conclusa nel 2006 dopo tre ani di lavori, portando alla luce affreschi sette-ottocenteschi e resti di domus romana sotto al pavimento dei sotterranei. Il museo espone al pianterreno una cospicua collezione di porcellane, la gipsoteca e glittoteca, la biblioteca e parte della quadreria, al primo piano gli arredi originali con le varie sale, tipo la Sala della Musica, la Saletta rosa e la Camera dla letto del Duca d'Aosta.Emanuele Filiberto, il secondo piano presenta il fondo dei disegni di Giambattista Tiepolo, mentre nella soffitta è collocato il gabinetto disegni e stampe. La rinnovata struttura è stata inaugurata il 2 dicembre 2006. (biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra e sotto: Casa Mauroner in Via Torino 34: L'edificio venne fatto costruire nel 1821 da Leopoldo Mauroner, comandante della milizia territoriale e proprietario del teatro Mauroner. Il progetto è dell'architetto Matteo Pertsch. La sopraelevazione del mezzanino e le modifiche alle decorazioni della facciata si devono all'intervento di Antonio Somazzi nel 1876. Al 1923 risale un'ulteriore sopraelevazione parziale. Tra il 1986 e il 1987 l'immobile è stato interessato da lavori di restauro alla facciata principale e alla copertura. Nel 1823 Leopardo Mauroner affittò il palazzo al vescovo di Trieste Antonio Leonardis, che vi stabilì temporaneamente la sede vescovile e vi morì nel 1830. Nel 1854 l'immobile venne acquistato dal negoziante Alessandro Covacevich, capo della comunità greco-ortodossa; in seguito lo ereditò il figlio Giovanni che ne fu proprietario fino al 1911. Nel 1918 divenne la sede della società di esportazione di cemento Portland-Trieste. Infine, il palazzo divenne proprietà della famiglia Stock.
Descrizione morfo - tipologica:Il fabbricato, in stile neoclassico, presenta pianta quadrata con una corte interna spostata verso la facciata postica dell'edificio. Il pianoterra è costituto da un alto basamento a bugnato a fasce orizzontali lisce che si piegano a raggiera sulle aperture dei portoni e delle finestre. Sulla chiave d'arco del portone centrale è collocato un panduro con elmo e cimiero. La facciata risulta tripartita in un corpo centrale formato da una falsa loggia, lievemente aggettante, e due parti laterali simmetriche. Il balcone in pietra e ferro battuto del primo piano è sostenuto da otto mensole a volute vegetali, decorate con mascheroni raffiguranti teste equine e leonine. Sul balcone si impostano quattro lesene corinzie lisce di ordine gigante portanti un'alta trabeazione. Le finestre del primo piano sono coronate da cimase rettilinee, timpani arcuati e timpani triangolari, quelle del secondo piano presentano cimase lineari. Cartelle decorative lievemente in rilievo sono collocate nelle specchiature sotto le finestre del primo piano e tra le aperture della parte centrale della facciata. Nel mezzanino la serie di finestrelle quadrate è ritmata da mensole a volute che si alternano alle aperture. La superficie, ad esclusione del pianterreno, è trattata ad intonaco di colore rosso. La facciata si conclude con una cornice a dentelli sotto lo sporto del tetto. Elementi decorativi:Elementi ornamentali esterni Desc. el. decorativi:- ELEMENTI ORNAMENTALI (esterno) Decorazioni a cartelle appena in rilievo sono disposte sotto le finestre del primo piano e tra le aperture della falsa loggia centrale. LESENE (esterno) Lesene lisce di ordine gigante con capitello corinzio. MENSOLE (esterno) Mensole a voluta si alternano alle finestre nel mezzanino. In corrispondenza delle lesene centrali sono disposte a coppie. Quattro coppie di mensole a voluta vegetale, decorate con mascheroni raffiguranti teste leonine ed equine, sostengono la balconata del piano nobile. MASCHERONE (esterno) In chiave d'arco del portale d'ingresso è collocato un mascherone raffigurante una testa d'uomo con elmo e cimiero. (.Fonte: http://biblioteche.comune.trieste.it)



Civico Museo Revoltella (Via Armando Diaz, 27 ; Via Luigi Cadorna, 26 ; Via Piazza Venezia, 5): L'edificio venne costruito tra il 1852 ed il 1858 su progetto dell'architetto berlinese Federico Hitzig (allievo di Schinkel, autore anche del progetto del casino Ferdinandeo sul colle di Farneto), per volere del nobile Pasquale Revoltella. Il 23 febbraio 1859 venne inaugurato il palazzo con una festa da ballo alla presenza dell'Arciduca Massimiliano. La struttura, a tre piani fuori terra, presenta un pianterreno con rivestimento a bugnato che sostiene una cornice marcapiano aggettante, riproposta anche al livello superiore.

Una fascia decorativa con motivi a ghirlande spicca nella parte alta della superficie. A coronamento dell'edificio si trova una balaustra. Il lato breve, su Piazza Venezia, è caratterizzato al pianterreno da un portale d'ingresso ad arco sopra al quale sporge un balconcino con balaustra. L'elemento di maggior risalto è la loggia aggettante del terzo piano, che presenta tre aperture ad arco sulla cui sommità spiccano quattro statue. Per disposizione testamentaria del barone Revoltella, dal 1870 il palazzo ospita il Civico Museo Revoltella. Grazie al lascito del suo fondatore in pochi decenni le collezioni del museo sono state arricchite sia attraverso l'acquisto di opere d'arte, spesso provenienti dalle prime Esposizioni Internazionali, sia attraverso donazioni da parte di privati. Nel 1963 iniziarono i lavori di ristrutturazione, estesi anche al vicino Palazzo Brunner, su progetto di Carlo Scarpa, basato su una nuova distribuzione degli spazi interni con la creazione di grandi sale e una terrazza sul tetto. I lavori previsti terminarono solamente nel 1991 grazie agli interventi degli architetti Franco Vattolo e Giampaolo Batoli. Un anno dopo il museo venne riaperto al pubblico. Attualmente la collezione esposta, estesa su 4000 mq, è costituita da 350 opere di pittura e scultura, dagli autori italiani del secondo Ottocento, come Fattori e Morelli, agli artisti friulani del primo Novecento, tra i quali si possono citare Spacal, Zigaina e Mascherini. Nell'atrio principale, ai piedi dello scalone che porta ai piani superiori, si può ammirare la Fontana della Ninfa delle Sorgenti di Aurisina, opera dello scultore milanese Pietro Magni. Alcune sale del palazzo conservano ancora gli arredi originali della dimora del barone Pasquale Revoltella. La struttura offre anche diversi servizi, una consistente biblioteca e una sala studio. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)
Curtiosità: Sul palazzo, guardandolo da Piazza Venezia, si notano due fori quadrati fatti fare dal barone che, con un ingegnoso sistema di lenti, poteva osservare (spiare) i movimenti commerciali sulla piazza Giuseppina (ora Piazza Venezia) dalla sua stanza. (Fonte: Dino Cafagna)

Sulla facciata del palazzo sede del Museo Revoltella e sulla parte posteriore, sopra una balaustra che incornicia il tetto,
ci sono sei statue allegoriche firmate dal veneziano Francesco Bosa.

Pasquale Revoltella (Venezia, 1795 – Trieste, 8 settembre 1869) è stato un imprenditore ed economista italiano. Nato da una famiglia di commercianti di carni che nel 1797 si trasferì a Trieste dopo la caduta della Repubblica, nel 1835 fondò una ditta per le importazione di legnami e granaglie che si affermò rapidamente, raggiungendo in breve tempo una certa disponibilità finanziaria che gli consentì di acquisire diverse partecipazione in molte società triestine. Fu uno dei primi azionisti delle Assicurazioni Generali e consigliere d'amministrazione del Lloyd Austriacoe fu amico del barone Carlo Ludovico von Bruck, uno dei fondatori e presidente della società di navigazione e futuro ministro del Commercio e delle Finanze austriache. Partecipò con impegno all'apertura del canale di Suez, ritenuto determinante per lo sviluppo economico di Trieste, strettamente legato ai traffici marittimi. Per il suo contributo determinante venne nominato vicepresidente della Compagnia universale del Canale di Suez. Nel 1860 fu incriminato e imprigionato dalle autorità austriache in seguito alle accuse di illeciti riguardanti le forniture date all’esercito durante la guerra con l’Italia nel 1859. Fu scagionato dopo poco tempo, ma perse uno dei suoi massimi sostenitori, il ministro Carlo Ludovico von Bruck, implicato nella vicenda, che si uccise. Nel 1867 l'imperatore Francesco Giuseppe gli conferì il titolo di barone riabilitandolo completamente.


L'edificio in Via Torino n.22, noto con il nome di Casa Butti, fu costruito nel 1837 su progetto dell'architetto Giuseppe Baldini. Fa parte del gruppo di case erette all'inizio dell'Ottocento sul fondo di proprietà della famiglia Butti. Quest'opera giovanile di Baldini è notevole per il forte effetto plastico delle masse e per il gioco di chiaroscuro della facciata. Nel 1891 e nel 1932 l'immobile è stato interessato da lavori di modifica alla facciata, limitatamente al pianterreno.
L'immobile, a pianta rettangolare, poggia su di un alto basamento a bugnato liscio in cui si aprono cinque portoni ad arco alternati di diverse dimensioni. Sul marcapiano che conclude il basamento si innesta una falsa loggia di ordine gigante con balaustra e due colonne ioniche centrali e lesene doriche d'angolo. L'apertura centrale del primo piano è sormontata da una cimasa con motivo fitomorfo, mentre le aperture laterali sono coronate da una cimasa rettilinea. Sulla trabeazione superiore, aggettante, si imposta al terzo piano un ampio balcone con balaustra in pietra e ferro battuto, sotto il quale vi è un decoro a dentelli. La superficie del terzo piano è trattata a bugnato liscio.La facciata si conclude ai lati con due lesene di ordine dorico. Sopra il tetto si ergono tre abbaini di cui quello centrale, di maggiori dimensioni, coronato da timpano. (.Fonte: http://biblioteche.comune.trieste.it)
Via San Giorgio

Via San Giorgio 3 - Il palazzo fu sede temporanea del Museo del Mare, attualmente in Campo Marzio.

Casa Basevi
Via San Giorgio 3

Casa Basevi:L'edificio fu realizzato nel 1892 su progetto dell'ingegnere Eugenio Geiringer. Si trova all'angolo tra Via San Giorgio e Via Diaz, in un quartiere della città, il Borgo Giuseppino, progettato alla fine del Settecento e destinato ad ospitare edifici residenziali e fabbricati con ampi spazi al pianterreno per il deposito di merci. Nell'edificio in esame il pianterreno ospita, dal 2000, una libreria, locali in presenza occupati da una trattoria. Nel decreto di vincolo l'immobile è considerato meritevole di tutela in quanto costituisce un esempio molto precoce di architettura liberty a Trieste, nel quale si individua una vivace e articolata interpretazione, tramite il nuovo linguaggio dell'Art Nouveau, di elementi che, mutuati dalla tradizione classica, sono presenti anche nei contemporanei edifici di stile eclettico.
Descrizione morfo - tipologica:L'edificio, a planimetria quadrata con corte interna, si trova in posizione angolare in un lotto di forma triangolare. Si compone di pianoterra e quattro piani superiori. Nel pianoterra, rivestito ad intonaco grigio, si aprono portoni e grandi aperture ad uso commerciale. I piani superiori sono caratterizzati da intonaco rosa. La superficie delle facciate presenta un'ampia zona mediana lievemente sporgente, nell'ambito del quale si dispongono tre serie di finestre con poggioli centrali sostenuti da mensoloni a livello del secondo e del terzo piano. Al primo piano corre una cornice decorativa che unisce i frontoni delle finestre Il terzo piano, in corrispondenza delle parti aggettanti è coronato da una decorazione con medaglioni alternati a rami di palma. Particolare rilievo viene dato al punto d'angolo che mette in comunicazione le due facciate, simmetriche fra loro. Si tratta di una soluzione angolare che presenta una superficie piana sulla quale, in corrispondenza del primo, del secondo e del terzo piano, si appoggia un corpo aggiunto leggermente aggettante, che si conclude con il balcone del quarto piano. Le grandi finestre dai contorni mistilinei che si aprono su questa superficie hanno il duplice compito di alleggerire visivamente il peso della costruzione e di dilatare idealmente lo spazio. In tutto l'edificio le aperture sono sottolineate da un ornato che ne valorizza la funzione architettonica. Il cortile interno presenta delle pareti spoglie, prive di qualsiasi motivo ornamentale. Il portone d'ingresso in Via San Giorgio, rientrante rispetto al piano stradale, è preceduto da un cancello metallico in stile floreale incorniciato da pilastri e trabeazione con elementi classici e liberty. Una importante cornice caratterizzata da mensole e ghirlande vegetali conclude l'edificio in alto, (.Fonte: http://biblioteche.comune.trieste.it)



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